Nel magnifico teatrino dell'esistenza, dove da millenni credevamo regnasse anche il silenzio contemplativo, ecco — nonostante quest’avverbio qui abbia perso gran parte della sua immediatezza — che alcuni eruditi dell'Università di Tel Aviv ci svelano una verità tanto stupefacente quanto inquietante: le nostre care Solanum lycopersicum — volgarmente denominate pomodori — sono in realtà creature melodrammatiche che si abbandonano a strilli ultrasonici ogni qual volta la vita le sottopone alle sue inevitabili tribolazioni.
Questi intrepidi ricercatori hanno documentato come le piante di pomodoro e tabacco - quest'ultimo già noto per la sua capacità di indurre dipendenza negli umani - emettano frequenze acustiche imperscrutabili all'orecchio umano quando sottoposte a stress idrico o a traumatici eventi di recisione.
Un vero e proprio miserere botanico che risuona nell'etere, inudibile ai nostri sensi ma potenzialmente percepibile da altri organismi dotati di più raffinate capacità percettive.
Tale scoperta ribalta la nostra comprensione del regno vegetale, suggerendo l'esistenza di una comunicazione interspecifica di cui eravamo rimasti beatamente ignari. Immaginate: mentre noi, nella nostra superba ignoranza antropocentrica, potiamo le nostre piante credendo di compiere un semplice gesto di cura agronomica, in realtà scateniamo un coro di lamenti ultrasonici che farebbero impallidire le più drammatiche arie operistiche.
La questione assume contorni filosofici: se le piante “urlano” quando soffrono, dobbiamo forse riconsiderare la nostra posizione nell'ecosistema? O possiamo continuare a preparare le nostre salse di pomodoro con la consueta nonchalance, fingendo di non sapere che ogni taglio potrebbe generare un grido di dolore, anche se ultrasonico?
Questo nuovo studio di nuovi eruditi apre scenari vertiginosi: forse un giorno svilupperemo la tecnologia per ascoltare questi lamenti vegetali, scoprendo che le nostre piante da appartamento ci stanno da anni rimproverando per l'irrigazione inadeguata con epiteti di una volgarità inaudita. La natura, ancora una volta, si rivela più complessa e drammatica di quanto la nostra limitata immaginazione potesse concepire.
E intanto mi sovviene una preoccupazione: cosa mangeranno ora i vegetariani?