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Ti proibisco!


Nel dibattito sull'intelligenza artificiale che sta infiammando il web emergono tre posizioni: i proibizionisti che vorrebbero vietarne l'uso, i permissivisti che ne promuovono l'adozione incondizionata, e i temporeggiatori che rimangono in attesa, forse sperando di bissare i successi ottenuti contro Annibale.
Semplicemente va insegnato che l'IA, in tutte le sue forme, deve assumere unicamente un ruolo di supporto alle attività umane, come quello del dottor Watson accanto a Sherlock Holmes.
In “Il mastino dei Baskerville”, Sherlock Holmes elogia il dottor Watson per la sua capacità di stimolare la genialità altrui, affermando: “Può anche darsi che lei non brilli di luce propria, però ha la capacità di esserne un buon conduttore. 
Ci sono persone che, pur non essendo geniali, hanno lo squisito potere di stimolare negli altri la genialità.
L'approccio più costruttivo non è chiedere risposte preconfezionate all'IA, ma utilizzarla come strumento di confronto in cicli virtuosi di domande e risposte, come in un botta e risposta, per stimolare e affinare il nostro pensiero creativo. 
Questo porta a una riflessione importante: quanto spesso ci soffermiamo a correggere e migliorare le risposte dell'IA? Personalmente, mi piace adottare un approccio competitivo con l'IA, trasformando ogni interazione in una sfida per affermare la mia supremazia intellettuale.
Mi sembra, però, che sia in crescita la tendenza opposta: la ricerca della risposta perfetta ottenuta con un singolo prompt, modalità one shot, tipica dell'homo consumens che cerca sempre le scorciatoie o le cosiddette furbate. 
Questo approccio è stato già oggetto di ironia mordente in un mio pensiero d'assestamento della raccolta “Salmoni, scarpette, cetrioli e altro”.
Non ha molto senso chiedersi, ad esempio, se sia meglio iniziare un progetto con ChatGPT o Claude. 
La domanda più pertinente dovrebbe essere: qual è il modo migliore per sviluppare determinate abilità o competenze? 
In questo contesto, se l'IA può essere di supporto all'apprendimento dovrebbe essere accolta a braccia aperte anche in ambito scolastico, ma sempre come mezzo mai come fine ultimo.
L'enfasi dovrebbe essere posta sul processo di apprendimento e sulla costruzione di competenze, utilizzando l'IA come uno strumento di scaffolding che gradualmente ci aiuta a diventare più autonomi. Qualche mese fa ho diffuso tra la mia “cerchia” un report intitolato “Il segreto della domanda” in cui teorizzo gli effetti positivi di quella che definisco la nuova maieutica o la maieutica artificiale. Risultato? Nessun feedback da segnalare.

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