La Chain of Thought (CoT) è un processo cognitivo sequenziale che spesso sviluppiamo in modo automatico per risolvere i problemi.
Di recente è stato svelato per i modelli reasoning di IA generative, come il modello ChatGPT o3-mini-high.
È sufficiente selezionare la freccetta accanto alla durata del ragionamento per visualizzare l'intero percorso che ha portato il chatbot a formulare la risposta.
Da un esame accurato di diversi percorsi emergerebbe la seguente struttura ripetitiva della catena di pensiero.
Da un esame accurato di diversi percorsi emergerebbe la seguente struttura ripetitiva della catena di pensiero.
Fase di comprensione
- Identificazione degli elementi chiave del problema
- Riconoscimento delle variabili rilevanti
- Contestualizzazione dell'input
- Definizione degli obiettivi
Fase di decomposizione
- Suddivisione del problema in sotto-problemi, detti componenti, più gestibili (approccio divide et impera)
- Identificazione delle relazioni tra i sotto-problemi
- Individuazione di una sequenza logica di risoluzione
- Prioritizzazione degli elementi
Fase di elaborazione
- Applicazione di regole e logica a ogni sotto-problema
- Sviluppo di reasoning intermedi
- Verifica della coerenza di ogni passaggio
- Integrazione progressiva delle soluzioni parziali
Fase di verifica
- Controllo della completezza del ragionamento
- Validazione della coerenza logica
- Verifica dell'allineamento con il contesto iniziale
- Identificazione di potenziali fallacie
Fase di sintesi
- Integrazione dei risultati parziali
- Formulazione della risposta completa
- Verifica della corrispondenza con la domanda iniziale
- Elaborazione della presentazione finale
Per l'utente i vantaggi di questa feature sono evidenti:
- Comprensione del processo decisionale
- Possibilità di perfezionare meglio il prompt (prompt tuning)
- Maggiore fiducia nei risultati
- Apprendimento dal processo
Recentemente, una personalità straniera di alto profilo scientifico ha tenuto in un ateneo italiano una lectio magistralis sulla stoltezza delle IA generative che non sanno quello che “dicono”; l'importante, però, a mio avviso, è che siamo noi a saperlo.