Dopo la pandemia da Covid-19 ci siamo riempiti la bocca con il termine “resilienza”.
Qualcuno lo ha utilizzato per arricchire il proprio vocabolario e migliorare la dialettica; qualcun altro, più influente, lo ha inserito in nuovi acronimi scioglilingua.
Nel mio blog voglio addirittura superarlo.
Mentre la resilienza implica la capacità di resistere a uno shock e tornare allo stato originale, l’antifragilità è la proprietà di un sistema di migliorare e accrescere le proprie capacità grazie agli shock. Come dire: con la prima, al massimo, resto come sono, e potrebbe non essere una buona prospettiva, mentre con la seconda miglioro.
Nassim Nicholas Taleb, quello della teoria del “Cigno nero” tanto per intenderci, ci invita a cambiare il nostro punto di vista sulla fragilità.
Un sistema fragile cede alle forze, mentre uno antifragile si evolve attraverso le perturbazioni, i traumi, le avversità.
Questo fotogramma, che mostra alcuni frammenti di vetro proiettati nell’aria dopo la fratturazione di uno specchio, ci aiuta a comprendere, per contrasto, questo concetto. Mentre ogni scheggia rappresenta la definitiva sconfitta di un sistema fragile, l’antifragilità opera in modo opposto: dove il vetro si frantuma irreparabilmente se stressato, un sistema antifragile si rafforza, come un muscolo dopo l’allenamento o un sistema immunitario dopo aver affrontato un patogeno.
La bellezza effimera di questi frammenti proiettati in aria ci ricorda quanto sia importante costruire sistemi che non si limitino a resistere agli urti, ma che da essi traggano vigore e opportunità di crescita.