«Te piace ’o presepio?»
Ho sempre ritenuto che la lettura tradizionale di “Natale in Casa Cupiello” di Eduardo De Filippo dovesse lasciare il posto a un’interpretazione meno scontata e più pedagogica.
Luca non è un sognatore in fuga dalla realtà, ma un “sognatore cognitivo”, instancabile e incompreso, che insegue la bellezza in un mondo sulla strada dello sviluppo senza progresso. Oggi quel viaggio continua con le conseguenze nefaste che sono sotto gli occhi di tutti.
Il presepe non è un semplice strumento di evasione o alienante, bensì il suo laboratorio di ricerca, dove sperimenta e affina l’arte presepiale in un percorso quasi scientifico.
Eppure, questi piccoli ma costanti perfezionamenti, conseguiti faticosamente un Natale dopo l'altro, sfuggono completamente ai suoi familiari, in particolare a Tommasino, che con il suo emblematico «Nun me piace ’o presepio!» non riesce – o forse non vuole – riconoscerne il valore.
Dove molti vedono un’alienazione, io intravedo piuttosto l’antitesi del pragmatismo: Luca Cupiello è l’emblema della resistenza dell’arte in un mondo dominato dall’utilità immediata.
Non è un caso che la sua ricerca artistica si scontri con l’incomprensione e provochi fastidio: il divario tra chi persegue ideali estetici e chi, invece, si limita a una visione utilitaristica della vita, è una delle tematiche più profonde dell’opera.
La maniacale attenzione di Luca è il segno tangibile di un’autentica tensione artistica. Il contrasto tra la perfezione del presepe e il disordine della vita familiare non prova la tesi della fuga dalla realtà, bensì quella del tentativo di vivere in un modo diverso.
Mi chiedo spesso quanto spazio esista oggi per persone come Luca Cupiello, che inseguono la bellezza senza alcuna pretesa utilitaristica, in una società sempre più frenetica e pragmatica.
Dove molti vedono un’alienazione, io intravedo piuttosto l’antitesi del pragmatismo: Luca Cupiello è l’emblema della resistenza dell’arte in un mondo dominato dall’utilità immediata.
Non è un caso che la sua ricerca artistica si scontri con l’incomprensione e provochi fastidio: il divario tra chi persegue ideali estetici e chi, invece, si limita a una visione utilitaristica della vita, è una delle tematiche più profonde dell’opera.
La maniacale attenzione di Luca è il segno tangibile di un’autentica tensione artistica. Il contrasto tra la perfezione del presepe e il disordine della vita familiare non prova la tesi della fuga dalla realtà, bensì quella del tentativo di vivere in un modo diverso.
Mi chiedo spesso quanto spazio esista oggi per persone come Luca Cupiello, che inseguono la bellezza senza alcuna pretesa utilitaristica, in una società sempre più frenetica e pragmatica.
Forse abbiamo bisogno più che mai di questi “artigiani della vita”.
Il vero fallimento, in questa storia, non è di Luca, ma di chi è incapace di guardare oltre l’apparente inutilità della sua creazione.
Il vero fallimento, in questa storia, non è di Luca, ma di chi è incapace di guardare oltre l’apparente inutilità della sua creazione.
Eduardo De Filippo ci ha lasciato in eredità non solo una commedia familiare, ma una riflessione profonda sul ruolo dell’arte e della bellezza nella nostra società, un messaggio che oggi risulta più attuale che mai.