In un certo senso, siamo tutti figli del PONG e ogni videogioco moderno deve qualcosa a quelle due linee bianche e a quel punto luminoso.
È stato il mio primo passo in un universo virtuale dalle infinite possibilità.
Il PONG mi ha insegnato che le cose più semplici sono quelle che lasciano il segno più profondo.
In un mondo sempre più complesso e complicato, è confortante sapere che la storia dei giochi digitali è iniziata in una tavernetta della California, il 29 agosto 1972, con un puntino luminoso, due lineette, un bip bip ipnotico e niente altro.
All'epoca i televisori puzzavano ancora di valvole bruciate e i computer erano rari mausolei grandi un'intera stanza.
Qualche anno dopo, aspettavo anch'io pazientemente il mio turno per giocare a PONG con un primitivo cabinet nel bar vicino casa.
Non importava quanti compiti dovevo fare nel pomeriggio: quando impugnavo il controller, che muoveva su e giù le racchette virtuali, il mondo esterno svaniva.
La bellezza del PONG stava nella sua accessibilità. Non serviva un manuale di istruzioni: bastava guardare qualcun altro giocare per un minuto e avevi già capito tutto. Eppure, non mancavano gli esperti che trasformavano quel semplicissimo ping-pong in una forma d'arte.
Adesso, nell'era della grafica fotorealistica, il PONG assomiglia sempre di più a una poesia haiku in un mondo di voluminosi romanzi: dice tutto quello che serve con il minimo indispensabile.
PONG
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Velocità: 1.0x |
Scambi: 0
Usa W/S o il touch per il giocatore di sinistra
Frecce ↑/↓ o il touch per il giocatore di destra