La mia riflessione numero 36, “Un pioniere disilluso”, presenta interessanti analogie con “The Others”, il film del 2001 scritto e diretto da Alejandro Amenábar.
In entrambi i lavori, la prospettiva viene capovolta e la narrazione si svolge sul sottile confine che separa l’illusione dalla realtà.
Nel film, Grace e i suoi figli vivono reclusi in una vecchia villa con le tende sempre chiuse, credendo di essere i “vivi” che avvertono la presenza dei “morti”. La scioccante verità, rivelata nel finale dalla medium attraverso una seduta spiritica a cui partecipano i nuovi inquilini della casa, è che sono loro i veri fantasmi.
Allo stesso modo, la teoria dello Zoo Cosmico, che spiegherebbe il “Grande silenzio”, ci pone di fronte a un’inquietante possibilità: mentre noi, con il SETI, da anni andiamo a caccia di extraterrestri, altre civiltà aliene potrebbero osservarci di nascosto. In altre parole, è possibile che siamo delle cavie umane, confinate in una sorta di riserva galattica, parte di un grandioso esperimento sociale.
Come i protagonisti del film coabitano con i “morti” senza saperlo, così noi potremmo essere inconsapevolmente molto vicini agli alieni. Alcuni credono che siano già tra noi.
Sia il film che la teoria dello Zoo Cosmico mettono in discussione la nostra percezione della realtà, che potrebbe essere ben diversa da come appare.
Come i protagonisti del film coabitano con i “morti” senza saperlo, così noi potremmo essere inconsapevolmente molto vicini agli alieni. Alcuni credono che siano già tra noi.
Sia il film che la teoria dello Zoo Cosmico mettono in discussione la nostra percezione della realtà, che potrebbe essere ben diversa da come appare.
Un pioniere disilluso
Complici le Perseidi che ogni anno riportano alla ribalta la volta celeste, sul finire dell'estate rispuntano gli articoli sugli extraterrestri. Oggi ho letto qualcosa di valido sul progetto SETI (Search for Extraterrestrial Intelligence), una ricerca dell'ago nel pagliaio a cui ho partecipato un po' di anni fa. Non ero però a Porto Rico nel radiotelescopio di Arecibo, ma a casa a fissare il salvaschermo con la speranza di veder apparire, da un momento all'altro, la scritta lampeggiante “Wow!”. L'interiezione onomatopeica era già stata utilizzata dall'astronomo J. Ehman per catalogare un segnale proveniente dalla costellazione del Sagittario, rilevato il 15 agosto del 1977, per tanti anni ritenuto artificiale. Mi sentivo così anch'io un pioniere del calcolo distribuito avviato nel 1999 dall'Università del California con il SETI@home. Non ricordo quanto è durata la mia attesa spasmodica, forse il tempo di una riflessione pessimistica sull'efficacia dell'elaborazione di segnali captati da una porzione infinitesimale dell'universo. A distanza di anni si incomincia a parlare di insuccesso del progetto SETI e se ne analizzano le possibili cause. Tra queste, quella del “Silenzio intenzionale”, soluzione “cinematografica” del paradosso di Fermi, presuppone l'esistenza di timide o timorose civiltà avanzate che non inviano segnali per non venire scoperte. Faremmo bene anche noi a non sbandierare nello spazio interstellare la posizione della Terra.