Chi non ha provato un brivido di paura guardando la scena in cui il grande muso affollato di denti aguzzi di uno squalo bianco sbuca all’improvviso dal mare? A quanto sembra, queste macchine di morte, che rasentano la perfezione, hanno un potere unico di suscitare in noi terrore e repulsione. Ma perché molti temono un pericolo che ha una probabilità prossima a zero (lo zero indica l’evento impossibile) che possa riguardarci direttamente? Forse non è abbastanza nota la definizione di rischio quale combinazione della probabilità che un evento sfavorevole si verifichi e della gravità delle sue conseguenze. La mia riflessione num. 46 si avventura nei meandri di questa fobia, palesandoci alcuni dei meccanismi psicologici e culturali che ci rendono vittime di questa paura ancestrale. Sottolinea come i film abbiano contribuito a creare un’immagine distorta degli squali, trasformandoli, per esigenze di botteghino, in mostruosi predatori assetati di sangue umano. Basti pensare al film “Lo Squalo” di Spielberg, che ha ispirato gli incubi notturni di intere generazioni. Poi c’è l’ignoto, che risveglia nella nostra mente i timori più profondi.
Comunque, vale sempre il consiglio: se avvistate una pinna che compie ghirigori spumeggianti sulla superficie dell’acqua, statene alla larga!
Avvistato grande squalo
L’incipit della notizia di un giovane decapitato da uno squalo è: “Orrore in Giamaica, dove un sedicenne è stato decapitato da uno squalo…”, con l’effetto immediato di spaventare il lettore più di qualsiasi altra sciagura, anche collettiva, più dei venti di guerra che spirano forti in rinforzo. Così abbiamo udito e visto dal 1975 che sono sufficienti due note ripetute (mi e fa) e uno squalo lungo quasi otto metri, anche se di gomma e acciaio, a evocare paure ataviche (e non) in persone che non toccheranno l’acqua del mare nemmeno con le sole dita dei piedi. Come mai? Gli psicologi forniscono diverse interpretazioni di questo apparente no sense. In primis, spaventano l’ignoto e l’invisibile: il mare nasconde quello ha sotto e le sorprese, si sa, non sono sempre piacevoli. Poi c’è quella storia lì, di tendenza, sulla magnificazione della cattiveria degli squali in documentari e film che altrimenti sembrerebbero spot pubblicitari della zuppa di pinne. Su questa ipotesi non saranno d’accordo i familiari della vittima. A seguire, è tutta colpa della paura evolutiva, segno però che non ci siamo evoluti abbastanza. E infine, la spiegazione meno ambiziosa e più verificata delle paure irrazionali e delle fobie che, sostengono gli esperti, possono essere alimentate da un senso di perdita di controllo. Nel caso specifico si manifesta nell'impossibilità di prevedere o vedere il pericolo. Credo che valga soprattutto per quelli che sono al largo su una barchetta a remi.
L’incipit della notizia di un giovane decapitato da uno squalo è: “Orrore in Giamaica, dove un sedicenne è stato decapitato da uno squalo…”, con l’effetto immediato di spaventare il lettore più di qualsiasi altra sciagura, anche collettiva, più dei venti di guerra che spirano forti in rinforzo. Così abbiamo udito e visto dal 1975 che sono sufficienti due note ripetute (mi e fa) e uno squalo lungo quasi otto metri, anche se di gomma e acciaio, a evocare paure ataviche (e non) in persone che non toccheranno l’acqua del mare nemmeno con le sole dita dei piedi. Come mai? Gli psicologi forniscono diverse interpretazioni di questo apparente no sense. In primis, spaventano l’ignoto e l’invisibile: il mare nasconde quello ha sotto e le sorprese, si sa, non sono sempre piacevoli. Poi c’è quella storia lì, di tendenza, sulla magnificazione della cattiveria degli squali in documentari e film che altrimenti sembrerebbero spot pubblicitari della zuppa di pinne. Su questa ipotesi non saranno d’accordo i familiari della vittima. A seguire, è tutta colpa della paura evolutiva, segno però che non ci siamo evoluti abbastanza. E infine, la spiegazione meno ambiziosa e più verificata delle paure irrazionali e delle fobie che, sostengono gli esperti, possono essere alimentate da un senso di perdita di controllo. Nel caso specifico si manifesta nell'impossibilità di prevedere o vedere il pericolo. Credo che valga soprattutto per quelli che sono al largo su una barchetta a remi.