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Il Socrate alieno


Il dialogo - riflessione “La maieutica del vulcaniano” affronta con tono scherzoso l’annosa questione della qualità del sapere, attraverso il contrasto tra la saccenteria dell’uomo e la modestia del vulcaniano. Saccenteria che qui si manifesta nell'effluvio di parole balzane dettate dall’orgoglio eccessivo per un attestato faticosamente conquistato, ma intrinsecamente volatile che, per questo, dovrebbe essere revisionabile (la giusta risposta alla domanda “E quanto dura?”). 
Questa distorsione cognitiva, nota come effetto Dunning-Kruger, si manifesta negli individui che tendono a sovrastimare le proprie conoscenze e abilità in un determinato campo. La modestia del vulcaniano scaturisce da una curiosità genuina, condicio sine qua non del metodo socratico. Il celebre aforisma “So di non sapere”, attribuito a Socrate, sottolinea l’importanza dell’umiltà intellettuale nel processo d’apprendimento. Anche questo dialogo, pur nella sua brevità, raggiunge una piccola verità svelando il doppio senso nascosto nel titolo della pièce teatrale di Pirandello. Nella mia fantasia, l’insegnamento socratico deve aver fatto proseliti persino sul pianeta Vulcano, riflettendo l’universalità dei principi filosofici. Insegnamento che si basa sul riconoscimento dei propri limiti e della propria ignoranza come primo passo verso una maggiore comprensione. Nel contesto contemporaneo, l’umiltà epistemica è un elemento chiave del progresso scientifico e culturale, essenziale per evitare bias e pregiudizi che possono ostacolare o impedire una comprensione profonda della realtà.

La maieutica del vulcaniano

«Scusi, permette? Lei, egregio signore di che specie è?»

«Beh, sono un homo sapiens sapiens e lo posso anche dimostrare!»

«Lei può dimostrare di essere più sapiens dei sapiens?»

«Certo che sì! Sono un uomo di cultura e conosco i nomi di tutti i fiori

spontanei.»

«Li ricorda tutti, a memoria come dite voi umani?»

«Eccome! Beh, ora che ci penso devo confidarle un piccolo segreto: ogni tanto, quando sono a cena con gli amici, dirotto abilmente la conversazione sulle passeggiate nei campi o nei boschi, tanto per fare un po' di ripasso. E poi...»

«E poi cosa?»

«Ho preso l'attestato di comprovate conoscenze floreali.»

«E quanto dura?»

«Che domande! È per sempre.» 

«Anche quando comincerà a non ricordare qualche fiore?»

«Beh, credo di sì.»

«Solo un'altra domanda egregio esperto floreale. Da cosa le è venuta la passione per i fiorellini di campo?»

«Qualche anno fa mi ha colpito il titolo di una pagina web: “L'uomo dal fiore in bocca”.»

«Che strano, io ho sentito parlare di un atto unico di un certo Luigi Pirandello, tratto dalla sua novella “La morte addosso” che si intitola proprio così. Poi, siccome noi vulcaniani siamo noti per l'innata curiosità, mi sono letto l'intera novella e non c'è riferimento alcuno al mondo botanico, eccetto che ai cespugli, ai loro fili d'erba e alle albicocche.»



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