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Il mio nemico drone



L'intelligenza artificiale generativa è particolarmente indicata per l'analisi lessicale di un testo. 
In pratica, estrae tutte le parole che lo compongono e ne esamina il significato, la forma e la funzione. Eccola in azione sulla mia riflessione n. 25, “Il mio nemico drone”.
Anche questa volta si conferma il mio stile, definito di neoavanguardia, in cui la frammentazione del senso e l'uso di figure retoriche complesse conferiscono alla scrittura un tono ermetico con sfumature ironiche.

Il mio nemico drone
Pasolini già negli anni Settanta in “Scritti corsari” aveva teorizzato l'assenza del nesso di causalità tra lo sviluppo e il progresso, fornendo una spiegazione, a mio avviso esaustiva, delle due fasi, che ancora oggi qualcuno considera concomitanti o addirittura indistinguibili. Posizione tanto ostinata quanto insostenibile se si pensa alle immagini che scorrono nei TG di abitazioni, scuole e ospedali ridotti a cumuli di macerie in uno scenario apocalittico di devastazione totale. I droni, commentano i cronisti televisivi, sono i responsabili. non ultimi però, di cotanto scempio, ossia quella stessa categoria di velivoli a pilotaggio remoto col peccato originale utilizzati in ambito civile e umanitario. Di strada ne è stata fatta dallo sviluppo senza progresso a partire dal 1849, cioè dal primo tentativo di utilizzare aeromobili senza pilota costituiti da semplici palloni aerostatici caricati di esplosivo e inviati dagli Austriaci su Venezia. Eppure i droni militari sembrano giocattoli radiocomandati se paragonati a un arsenale nucleare mondiale di migliaia di testate nucleari. Ormai siamo tutti ostaggi di una manciata di pulsanti che può interrompere, in ogni istante, la nostra avventura di esseri senzienti su questo singolare pianeta. Scriveva Giorgio Manganelli circa quarant'anni fa: “Compro giornali, questo mi impedisce di essere in arretrato di una guerra”.

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